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Quando una relazione diventa ossessione: lo Stalking

Il termine stalking, dall’inglese to stalk, vuol dire appostarsi, avvicinarsi di soppiatto alla preda e in italiano viene tradotto come sindrome del molestatore o sindrome delle molestie assillanti. Questo fenomeno suscita l’interesse degli studiosi a partire dagli anni ’80 a seguito di vari episodi di molestie compiute ai danni di alcuni personaggi famosi dello Star System e del mondo dello spettacolo. Molestie che col tempo sfociavano in violenza fisica a volte letale.

Lo stalking comprende le persecuzioni messe in atto in svariati contesti da ex partner, conoscenti, pazienti, clienti, amici o sconosciuti. Hanno inizio con il solo scopo di volere un contatto con la vittima, di volerla avvicinare, convincere, spaventare o punire fino ad arrivare ad averne il controllo totale provocandole paura per la propria incolumità.

Stalking e genere

Lo stalking è un reato compiuto senza differenza di genere ma i casi di donne stalker non suscitano lo stesso allarme o stupore nell’opinione pubblica di quanto non lo facciano quelli di uomini. Quest’ultimi sono facilmente identificabili come fautori della violenza e non come vittime. La violenza agita da una donna è sempre valutata meno grave e l’uomo vittima è considerato come colui che riceve “attenzioni” tanto da doverne essere lusingato. Spesso sono vittime anche dell’indifferenza, dello scetticismo e della derisione altrui poiché ritenuti incapaci di gestire la situazione.

Dalle poche ricerche riguardo lo stalking femminile emerge che le donne non sono diverse rispetto agli uomini in termini demografici, occupazionali, d’invadenza, di durata delle persecuzioni e tipologie di violenza agita.

Una differenza importante invece riguarda la scelta della vittima. Le donne puntano individui che già conoscono mentre gli uomini più categorie di persone, tra cui ex partner, conoscenti ed estranei e sono orientati maggiormente su soggetti del sesso opposto. Inoltre, le donne minacciano, attaccano fisicamente e danneggiano la proprietà della vittima al pari degli uomini. Prediligono le telefonate e i messaggi a differenza degli uomini che utilizzano più gli appostamenti.

Quando si inizia a parlare di Stalking in Italia?

In Italia si inizia a parlare di stalking nel 2003 a seguito di diversi casi e grazie alla pubblicazione del libro La sindrome delle molestie assillanti (Stalking) di Curci et all. Il testo comprende i risultati di una ricerca condotta su un campione di 475 operatori della salute mentale della provincia di Modena. Dai dati è emerso che 40 operatori, tra psichiatri, psicologi, specializzandi in psichiatria, infermieri e altre figure avevano subìto delle molestie da parte dei pazienti.

Nel 2004 per la prima volta a Milano il GIP ha applicato il concetto di stalking in ambito giuridico, emanando un provvedimento giurisdizionale nei confronti di una donna separata a seguito delle continue molestie e minacce ai danni della nuova compagna dell’ex marito.

Sempre in quell’anno sulla rivista Diritto e Giustizia il magistrato Pezzella distingue lo stalking da altri reati, come la molestia, definendolo un fenomeno molto grave a causa delle conseguenze letali a cui spesso può portare.

Si è dovuto aspettare il 2009 affinché entrasse in vigore una Legge in Italia. Una legge che prevedesse pene per tutti gli atti che rientrano nel reato di stalking. Uno strumento, questo, da usare per contrastare le molestie ripetute e aggravate che spesso sfociano in atti di violenza sessuale e omicidio.   

Da cosa nasce lo Stalking?

Lo stalking nasce da una motivazione, cambia col tempo e ha uno scopo ben preciso. L’azione di stalking si svolge in quattro fasi:

  • la prima fase vede i due protagonisti, stalker e vittima, in una relazione conflittuale. Relazione che si è interrotta per qualche motivo oppure non desiderata dalla vittima e voluta intensamente dallo stalker. È una fase prettamente intenzionale che avviene solo nella mente del persecutore;
  • la seconda fase è una conseguenza della prima. Il continuo rifiuto da parte della vittima provoca sentimenti di sconfitta nello stalker, il quale sente un forte bisogno di riscatto. Si passa così dalle intenzioni alle azioni persecutorie e continuative;
  • la terza fase comprende il malessere della vittima che lo manifesta con diversi sintomi come ansia, insonnia, inappetenza, bulimia nervosa, nervosismo, ritiro sociale;
  • la quarta vede la vittima esasperata ed impaurita. A questo punto lo stalker può agire dei comportamenti molto pericolosi dovuti alla perenne frustrazione e all’insoddisfazione nel sentirsi rifiutato.

Tipologie di stalker

La letteratura scientifica, in particolare l’integrazione dei contributi italiani ed inglesi, distingue cinque tipologie di stalker. Essi agiscono mossi da bisogni e desideri che fungono da motore motivazionale:

  • il respinto, colui che a seguito della rottura di una relazione vuole una riconciliazione o una vendetta. La persecuzione rappresenta una relazione in forma diversa che lo rassicura rispetto alla totale perdita dell’altro;
  • il cercatore di intimità, spinto dalla solitudine nutre il desiderio di instaurare un rapporto di amicizia o di amore anche con una persona sconosciuta. Risulta la forma di stalking agita più dalle donne con disturbi psicotici già definita da Hart nel 1921 “follia delle vecchie zitelle”. L’idealizzazione di un partner fa sì che lo stalker si convinca di ricevere attenzioni amorose che in realtà non esistono;
  • il corteggiatore inadeguato, non è capace di instaurare relazioni sentimentali e trasforma la propria incapacità in comportamenti opprimenti o aggressivi, ritenendo di avere il diritto di ottenere ciò che desidera ovvero un incontro sessuale o un appuntamento;
  • il rancoroso, punta a volere vendicare qualche torto subìto (anche presunto) e fa di tutto per danneggiare la vittima;
  • il predatore, che ha come unico scopo l’appagamento sessuale e impiegherà tanto tempo nel pianificare e progettare l’agguato senza nessun tipo di anticipo alla vittima sotto forma di minacce o atti persecutori.

Tipologia di comportamenti messi in atto dallo stalker

I comportamenti stalkerizzanti vengono agiti in virtù di due tipi di interesse nei confronti della vittima: “positivo” o “negativo”.

Se lo stalker ha un interesse positivo il suo obiettivo è di ristabilire o creare una relazione con la vittima attraverso azioni apparentemente gentili come mazzi di fiori, regali, inviti a cena. A seguito dei rifiuti e del disinteresse dell’altra persona e davanti alla percezione dell’inutilità delle proprie azioni subentrano le azioni negative.

Lo scopo allora diventa quello di vendicarsi e danneggiare il proprio “oggetto d’amore” tramite svariate condotte che possono essere agite attraverso:

  • comunicazioni indesiderate, lettere, sms, telefonate, e-mail;
  • contatti indesiderati, sotto forma di pedinamenti, appostamenti, frequentare gli stessi posti che frequenta la vittima;
  • atti intimidatori, come danni alla proprietà della vittima, violenza anche a discapito di persone a lei care o ai suoi animali.

Conseguenze psicologiche sulla vittima

Le vittime di stalking sono spesso costrette a cambiare il proprio stile di vita (luoghi frequentati, auto, abitazione) per proteggere se stesse e le persone care. Vivono stati di ansia, paura, che le porta ad abbandonare il lavoro, la vita sociale ed ad isolarsi. Iniziano a provare rabbia, sensazioni di impotenza, disperazione, disturbi del sonno, inappetenza, abuso di alcol e tabacco e in certi casi ideazione suicidaria.

Occorre sostegno psicologico e aiuto per una ristrutturazione emotiva attraverso l’intervento di diversi professionisti. L’obiettivo è quello di ridurre la sofferenza e ripristinare il funzionamento a livello interpersonale, professionale e sociale.

È interessante comprendere come lo stalking potrebbe essere, e spesso è, diretta conseguenza di relazioni di coppia disfunzionali, dove durante la relazione amorosa si erano già manifestati fenomeni di dipendenza affettiva e/o Intimate Partner Violence

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Dott.ssa Alessandra Faraci - Psicologa

Sono una psicologa iscritta all’ Ordine della Regione Sicilia con il n° 10182 – A. Svolgo la mia libera professione a Palermo. Mi occupo di consulenza psicologica, sostegno e supporto psicologico individuale e di coppia, inoltre di Consulenza a Seduta Singola, un metodo che permette di offrire un aiuto immediato risolvendo, spesso, le problematiche in un unico incontro.